G7 in Cornovaglia, il primo in presenza dopo la pandemia. Giornalisti tenuti a distanza

Il corrispondente da Londra rievoca i vertici G7 che ha seguito

di Marco Varvello

Del mio primo G7, Napoli 1994, ho due ricordi molto vivi. Quello delle coppie presidenziali mano nella mano a Piazza Plebiscito: Bill e Hillary Clinton, Silvio e Veronica Berlusconi. Per il Regno Unito era presente uno sbiadito John Major, per la Germania un monumento di storia contemporanea come Helmut Kohl. Per me, giovanissimo giornalista della redazione Esteri del TG1, era un mondo incredibile, che stavo solo allora imparando ad osservare e raccontare. Secondo ricordo: mi avvio per la diretta del TG1 serale. Castel dell’Ovo blindatissimo. Sbaglio percorso, apro una porta per orientarmi e vedo nella stanza i governanti seduti al tavolo della discussione. Proprio loro, tutti quanti. Oggi non sarebbe possibile. Stanza senza guardie alla porta. Sguardi interrogativi degli agenti di sicurezza all’interno, pronti ad intervenire. Mi salvò il Badge rosso con cui potevo circolare anche nelle zone “off limits”. Arrivai alla postazione della diretta un po’ scosso.

Il mio secondo G7 fu in realtà un G8, quello di Birmingham nel 1998, allargato anche alla Russia. Ero sempre Junior, giovane Corrispondente. Lavorai a supporto di volti noti della RAI come Fabrizio Del Noce e Antonio Caprarica. Ma respirare di nuovo l’aria di un grande evento internazionale mi diede il senso di una crescita professionale e personale. Ricordo flash: la pinta di birra che gustarono insieme, come due vecchi amici, Clinton e il padrone di casa Tony Blair. Bellissima giornata di maggio, in piedi fuori da un pub, in barba alle norme di sicurezza che sconsigliavano ovviamente di essere così esposti. Guardie del corpo nervose.

Il mio terzo G7, anzi ancora G8, di fatto non ci fu. Scozia, 2005. Eravamo tutti a Edimburgo in attesa dei pullman navetta che ci avrebbero portato al Centro stampa. La riunione si svolgeva in un hotel con campi da golf, Gleaneagles, nella campagna della contea di Perth. Per fortuna non ci eravamo ancora mossi: cominciarono ad arrivare da Londra le drammatiche notizie di attentati nella metropolitana. Con il collega Caprarica ci precipitammo all’aeroporto. Ritardi e caos per rientrare nella capitale. Riuscimmo ad arrivare per i TG della sera. Il terribile attacco a tre metropolitane ed un autobus, 56 morti, travolse per giorni e giorni ogni altra notizia.

Il mio quarto G8 fu quello di Heiligendamm, estremo nord della Germania. Bellissimo albergo sul Baltico. Il molo fu passerella per le foto di gruppo, dalla Merkel a Putin, da Bush junior a Blair, da Prodi a Sarkozy. In quella occasione, come Corrispondente da Berlino, seguii all’esterno le manifestazioni No Global. Polizia tedesca efficientissima. Decine di migliaia di dimostranti, compresi centinaia di temuti Black bloc, furono dispersi nella campagna. Impossibile avvicinarsi alla sede del vertice. Dopo gli incidenti di Genova 2001 e la tragica morte di Carlo Giuliani tutti i Paesi organizzatori scelgono ormai posti isolati. Certo fu curioso, rientrando a Berlino a fine vertice, vedere giovani antagonisti, Black bloc, gruppuscoli anti-sistema, chiacchierare, ridere e socializzare con poliziotti nei bar degli autogrill. Forse i sospetti su infiltrati tra i movimenti estremisti non erano poi così balzani.

Ed ora eccomi al mio quinto vertice. Ancora a presidenza britannica e tornato G7, dopo l’esclusione della Russia causa invasione della Crimea e sanzioni seguite alla disputa con l’Ucraina. La sede è un meraviglioso angolo di Cornovaglia, sulla sperduta punta occidentale dell’isola britannica. Anche qui un Hotel, quello di Carbis Bay, fiore all’occhiello del turismo costiero. Questa volta non solo i dimostranti faranno fatica ad avvicinarsi. Anche i giornalisti sono tenuti a debita distanza. Il Media centre relegato a una sessantina di chilometri, nella cittadina di Falmouth. Un’ora di auto lungo le strette strade della Cornovaglia. Così il primo vertice in presenza del dopo pandemia per noi giornalisti rimarrà molto virtuale. Speriamo che da Biden a Johnson, da Draghi a Macron e Merkel tutti concordino nel dare risposte concrete ai due temi chiave. Primo: vaccinazioni per tutti i Paesi, non solo quelli ricchi. Secondo: rilancio della lotta ai cambiamenti climatici. Il cambio alla Casa Bianca crea sicuramente un clima più proficuo alla collaborazione tra i maggior Paesi industrializzati.

Il Quirinale torna a festeggiare in presenza la Repubblica

Negli ultimi mesi il Quirinale è tornato ad aprirsi, sia pure con la cautela di eventi brevi e con presenze contingentate. Mattarella ha ripreso le sue visite in giro per l’Italia (a Brescia e Cremona), a un anno da quell’omaggio in totale solitudine al Milite ignoto, il 25 aprile del 2020

di Federica Mango

Al Quirinale torniamo a festeggiare il 2 giugno, la festa della Repubblica che quest’anno ha un significato in più: quello dei 75 anni dalla data del referendum che portò gli italiani a scegliere per la forma repubblicana del nostro Paese. Torniamo a festeggiare, dopo i silenzi dei saloni che di solito ospitano le cerimonie ufficiali e il vuoto inevitabile del grande cortile della “casa degli italiani”, che siamo stati abituati a vedere animato dai visitatori nel nostro lavoro quotidiano.

I mesi che ci lasciamo alle spalle hanno pesato molto e non solo su di noi, che non abbiamo avuto la possibilità dell’incontro e dello scambio di idee con i consiglieri del Presidente: quei minuti preziosi all’inizio o alla fine di una cerimonia, oppure a margine di una visita in trasferta, per capire meglio, per interpretare nel modo giusto. Sono stati mesi di difficoltà e di sacrificio anche per Mattarella, diviso tra la necessità di attenersi rigorosamente all’isolamento delle misure anti-contagio (molti dei contatti con il suo staff all’inizio avvenivano per telefono, da una stanza all’altra) e la volontà di trovare nuovi modi per essere comunque vicino agli italiani.

Lo scorso 2 giugno eravamo ancora in lockdown. Il nostro lavoro di giornalisti accreditati al Quirinale da mesi si basava su comunicati scritti e messaggi video registrati dalle pochissime persone che avevano contatti con il capo dello Stato: Mattarella ha colto ogni occasione e ogni ricorrenza per far arrivare la sua voce, ma la possibilità per noi di entrare nel Palazzo era preclusa. Il che ha significato non poter utilizzare la redazione completa di montaggi, studio per i collegamenti, repertorio di immagini e materiale di archivio che la Rai ha a disposizione dentro il Quirinale, nei locali a piano terra che danno sui giardini. Un privilegio unico nel panorama dei media, che la nostra azienda ha come servizio pubblico che assicura la copertura totale di notizie e immagini dei presidenti della Repubblica.

Il nostro lavoro di cronisti ha dovuto usare l’ascolto, siamo scesi in profondità sui temi e sui simboli più che descrivere. Ovviamente non si e trattato solo di cambiare metodo di lavoro o di qualche briefing in videoconferenza. Sono cambiati anche i contenuti. Le parole scelte dal Capo dello Stato sono state di vicinanza per le paure e le sofferenze della pandemia e al tempo stesso di incoraggiamento a guardare avanti. Un argomentare asciutto, che andava restituito in modo da non perderne la forza e le motivazioni. Negli ultimi mesi il Quirinale è tornato ad aprirsi, sia pure con la cautela di eventi brevi e con presenze contingentate. Mattarella ha ripreso le sue visite in giro per l’Italia (a Brescia e Cremona), a un anno da quell’omaggio in totale solitudine al Milite ignoto, il 25 aprile del 2020. Davvero una grande emozione per me (e credo per tutti), un gesto che significava omaggio alla sofferenza ma anche speranza e che ha fatto il giro dei media e dei social di mezzo mondo.

Così possiamo tornare a festeggiare in presenza la Repubblica, anche se in modo molto diverso rispetto a due anni fa, quando i giardini del Quirinale erano aperti il primo giugno ai politici e ai giornalisti (ghiotta occasione per i retroscena!) e il 2 giugno a migliaia di cittadini, con i concerti delle bande militari. Mattarella ci ricorda che siamo ancora in tempo di pandemia, e anche se questo è l’ultimo 2 giugno del suo settennato si è visto costretto a sospendere la seguitissima sfilata miliare e civile lungo via dei Fori Imperiali e a tenere chiusi anche quest’anno i cancelli dei Giardini del Quirinale. A malincuore. Tutto è affidato alla musica, ai passi di danza sul palco nel Cortile del Quirinale e alle parole di Mattarella. La vera continuità che resiste alla pandemia in queste feste della Repubblica così diverse.