“Ho avuto il Coronavirus in forma lieve, sono stato fortunato”. Il racconto del vicedirettore di Rainews24
di Oliviero Bergamini
“Rilevato”. Fa impressione, leggendo il referto del test molecolare, scoprire che quel virus che assilla tutti da mesi adesso è dentro di me.
E ora? Per prima cosa bisogna isolarsi. Lo faccio subito, in una stanza separata, pensando a quanto sarebbe complicato se non ne avessi una a disposizione.
“Se positivi, chiamate il vostro medico” è il mantra. Lo chiamo, è gentile. Ma le nostre telefonate si consumano nel tentativo di calcolare il momento in cui sono cominciati i sintomi e di conseguenza il giorno in cui rifare il tampone per il quale deve munirmi di “ricetta dematerializzata”.
Per il resto il dottore mi dice di misurare spesso febbre e ossigenazione del sangue, assumere tachipirina se la febbre sale, e arrivederci. Sono nella mani di termometro e pulsimetro, quell’aggeggio a pinza che si infila sul dito, e che tutti ormai hanno in casa, mentre prima nessuno sapeva nemmeno che cosa fosse.
Non ho febbre, i valori dell’ossigeno sono sufficienti, sebbene non esaltanti. Ho pochi sintomi, nulla di lontanamente paragonabile a chi finisce in ospedale. Ma bene non sto. Mal di testa, forte intasamento, tosse insistente, debolezza, una spossatezza mai provata prima.
E tanta incertezza. Che cosa sta combinando dentro di me quella maledetta, infinitesimale pallina dai microscopici spuntoni? Che cosa devo fare per evitare che mi devasti i polmoni? Solo incrociare le dita e aspettare?
Dalla mia parte ci sono le statistiche, che dicono che nella grandissima maggioranza dei casi di Covid si guarisce, che le vittime (troppe !) sono quasi sempre persone molto anziane o già malate. Ma di quadri clinici apparentemente buoni che precipitano improvvisamente ne ho sentiti diversi. E gradirei non aggiungere il mio.
Così mi avventuro alla ricerca di informazioni, esperienze, consigli: internet, telefonate, messaggi di amici e conoscenti. E’ una giungla, là fuori. La maggior parte degli esperti consiglia terapie minimali; alcuni però invocano interventi d’urto, anti-infiammatori, cortisone, subito rimbeccati da altri “Per carità ! Niente cortisone, abbatte le difese immunitarie, apre la strada al virus”. E quando somministrare i farmaci ? “Subito, ai primi sintomi”, “No, dopo qualche giorno, però prima di sviluppare sintomi gravi.” Ma come faccio a sapere in anticipo quando stanno per arrivare ? Mi viene in mente quella canzone di Jannacci “A saperlo prima…”
E le vitamine? E le varie altre “ine”? Nel complesso nessuna è di provata efficacia, lo so, ma se per caso per me funzionassero, come per quel signore a Las Vegas di cui racconta quell’articolo? E le terapie monoclonali? Sono davvero una svolta? Un mio collega è stato curato con quelle e ora su Facebook scrive trionfante “Ho vinto!” Come potrei farmele prescrivere?
Un collega espertissimo mi suggerisce di seguire le linee guida dell’Associazione Italiana del Farmaco. Ma sul sito dell’AIFA fatico a trovarle. Dal generico link “Emergenza COVID.19” si accede a un elenco di “Farmaci utilizzabili”, articolata in lunghe schede tecniche. Non ho maggiore fortuna con il sito del Ministero della Salute. In sostanza, non riesco a trovare alcuna fonte ufficiale nazionale che fornisca ai cittadini una lista standard di indicazioni terapeutiche chiare e semplici.
Di indicazioni su Internet se ne trovano migliaia, certo, stilate da ospedali, regioni, comuni, medici, personal trainer, pranoterapeuti… Quali sono davvero aggiornate, complete, affidabili?
A un certo punto, preso dall’ansia, mi ritrovo ad assumere un po’ di tutto, anche farmaci di segno opposto, consigliati da esperti che tv si scambiano insulti. E’ lo smarrimento di un attimo. Ho visioni di schiere di virus che avanzano allegramente nei miei polmoni dandosi il cinque, mentre sullo sfondo le molecole che dovrebbero fermarli si azzuffano tra loro, neutralizzandosi a vicenda.
Dopo tre-quattro di giorni mi sento meglio, penso di avere scavallato, e invece un mattina mi risveglio di nuovo con un lancinante mal di gola, una debolezza diffusa. Peggio di prima. Succede un paio di volte. Sfibrante.
Una sera l’ossigenazione scende a 92. Il virus ha sfondato? Devo richiamare subito il medico oppure dormirci sopra per vedere se l’ossigenazione risale? Non sarà troppo tardi ? Anche il pulsimetro ci mette del suo. Ne ho due modelli; uno segna regolarmente un paio di punti in meno dell’altro. Qual è quello giusto?
Alla fine opto per un approccio farmacologico minimale; dopo una settimana un primo tampone è ancora positivo, qualche giorno più tardi un altro finalmente sentenzia “non rilevato”.
Ma altre domande già incrinano il sollievo. Sono già immunizzato o devono passare giorni prima che la difesa degli anticorpi si consolidi? Quanto dura l’immunità? E’ totale o parziale? Posso ancora contagiare altri? Anche qui trovo opinioni diverse, dati diversi, studi parziali, provvisori. L’immunità dovrebbe durare alcuni mesi, sembra. Ma incombe il turbinare delle varianti.
Oggi, quasi due settimane dopo il test negativo, continuo ad avere momenti di malsana spossatezza. Ho avuto il Covid in forma lieve, sono stato fortunato. Ma vista dalla mia esperienza, la battaglia contro la pandemia dovrà durare ancora a lungo.